Poiché non è facile, almeno per quanto mi riguarda, tessere le proprie lodi (ho sempre sostenuto che chi si loda si sbroda) devo però ammettere che ultimamente nutro la profonda esigenza di espormi a me stessa e di riconoscere quanto di positivo sono in grado di fare.
Per una volta voglio osservarmi dall’esterno, voglio farmi, oltre alle solite mille critiche, i complimenti per quel che sono in grado ogni giorno di portare avanti, in un modo o nell’altro, pur riconoscendo – ben inteso – i miei limiti.
Senza falsa modestia, posso affermare a gran voce di essere una Wonder Woman:
- ho due figli piccoli (1 e 3 anni) e nessun aiuto da external resource; ciò significa accudirli, ascoltare le loro infinite esigenze, tenerli fisicamente addosso o accanto nello stesso letto, sia di giorno che di notte;
- lavoro come web content editor freelance e in questo campo – si sa – chi si ferma è perduto;
- vivo su un’isola che – senza nulla togliere alla sua straordinaria bellezza paesaggistica – offre ai suoi abitanti poco e niente. Persino mio padre ottantenne – meravigliosamente portati, eh – trova questo posto noioso e non vede l’ora di scapparsene, malgrado qui sia felice di godere della compagnia dei suoi amatissimi nipoti.
Il duro lavoro del freelance con Partita Iva
Nonostante la stanchezza cronica e il poco tempo a disposizione non lascio mai nulla al caso, ma cerco di essere sempre professionale e puntuale per quanto mi è possibile.
Ascolto i clienti con pazienza e rispetto le scadenze, anche a costo di sacrificare ore al sonno. Del resto se sei un freelance con Partita Iva, devi necessariamente darti da fare, non hai certo le garanzie di un dipendente!
E non mi vergogno di dire che spesso ho parlato al telefono mentre allattavo o – questa è la più recente – durante una call conoscitiva ho dovuto interrompere la conversazione perché mio figlio se la stava facendo addosso.
Certo, svolgendo la mia attività da remoto ho il vantaggio di poter accudire i miei bambini, ma allo stesso tempo è terribilmente frustrante non avere un contesto lavorativo diverso dall’abitazione. Ecco, mi manca “staccare”, perché così finisco col vivere in una sorta di continuità che tutto unisce e tutto confonde.
L’isola
E poi c’è l’isola, che per carità bella è bella, l’aria è pulita e il mare è cristallino, ma non c’è il cinema, non c’è il teatro, non ci sono negozi né biblioteche, sono assenti luoghi di aggregazione sociale, oltreché contesti vagamente stimolanti da un punto di vista culturale.
Che se poi c’è mal tempo resti pure isolato e se ti senti male deve dirti bene che un elicottero possa venirti a prendere per portarti in un ospedale. Insomma se qui non ci nasci, difficilmente ti abitui a viverci. Si tratta, in altri termini, del classico luogo che puoi amare, almeno per quanto mi riguarda, solo se si esaurisce in tre settimane di villeggiatura o in qualche sporadico week-end.
Quindi sì, anche sopravvivere all’isola è un lavoro da Wonder Woman!
Lussi e privilegi
Oggi mentre facevo la doccia mi sono resa conto che anche questo gesto quotidiano è diventato non solo un lusso, ma anche un momento “sacro”, di cui rendere grazie. La me stessa non-mamma avrebbe provato “tenerezza” per questa donna così sacrificata e devota, che, come già accennavo in precedenza, vivendo su un’isola ha ben poche distrazioni da cui essere tentata.
Eppure proprio questo, alla lunga, ha finito col fortificarmi e col trasformarmi in una Wonder Woman, sempre più tosta, granitica, con mille e più risorse da cui attingere, pronta a vincere le più ardue gare di resistenza.
Consiglio a tutte le mamme
Se nessuno vi fa i complimenti o se quelli che ricevete non vi sembrano sufficienti a rendervi il giusto merito fateveli da sole, che a volte ce n’è proprio bisogno!
Se vi va, raccontatemi nei commenti la vostra storia di Wonder Woman!
Sono blogger, giornalista e web content editor; contemporaneamente sono mamma di Luca e Viola: il tempo è poco, ma faccio i salti mortali per dare sempre il meglio! Il mio motto è “Chi la dura la vince”!